Il Festino nei secoli

Biografia

Rosalia Sinibaldi (o di Sinibaldo) nasce a Palermo intorno al 1128. La tradizione narra che mentre il re Guglielmo II osservava il tramonto con sua moglie, la regina Margherita, una figura gli apparve dicendogli: «Guglielmo io ti annuncio che, per volere di Dio, nascerà nella casa di Sinibaldo tuo congiunto, una rosa senza spine.», per questo motivo pare che, poco tempo dopo, quando nacque alla bambina venne assegnato il nome Rosalia.

Suo padre, il conte Sinibaldo, signore della Quisquina e del monte delle Rose (attuali territori di Santo Stefano Quisquina e Bivona, siti in provincia di Agrigento), faceva discendere la sua famiglia da Carlo Magno. Sua madre Maria Guiscardi era a sua volta di nobili origini ed imparentata con la corte normanna. Da giovane visse in ricchezza presso la la corte di re Ruggero, un giorno il conte Baldovino salvò il re Ruggero da un animale selvaggio che lo stava attaccando, il re volle ricambiarlo con un dono e Baldovino chiese in sposa Rosalia[1]. La ragazza, all'indomani dell'offerta si presentò alla corte con le bionde trecce tagliate declinando l'offerta preferendo abbracciare la fede.

Inizialmente la ragazza si rifugiò presso il monastero delle Basiliane a Palermo, ma ben presto anche quel luogo fu troppo stretto a causa delle continue visite dei genitori e del promesso sposo che cercavano di dissuaderla dal suo intento. Decise quindi di trovare rifugio presso una grotta nei possedimenti del padre, che aveva visitato da fanciulla, presso Bivona. La sua fama intanto si diffuse presto e la grotta divenne luogo di pellegrinaggio. Un giorno la grotta fu trovata vuota e successivamente si venne a sapere che aveva deciso di tornare a Palermo occupando una grotta sul Monte Pellegrino per sfuggire ai pellegrini e trovare un rifugio silenzioso. Ma anche lì ben presto la sua fama la rese celebre ed iniziarono i pellegrinaggi, il 4 settembre del 1165 venne trovata morta dai pellegrini.

 
Il culto


Secondo la tradizione cattolica, nel 1624 salvò Palermo dalla peste e ne divenne la patrona, spodestando santa Cristina, santa Oliva, santa Ninfa e sant'Agata. Mentre infuriava una terribile epidemia arrivata in città da alcune navi provenienti da Tunisi (antica "Barbaria"), la santa apparve infatti in sogno ad un cacciatore (abitante dell'antico quartiere della "Panneria") indicandogli dove avrebbe potuto trovare i suoi resti in una spelonca del Monte Pellegrino, che portati in processione in città fermarono l'epidemia. Il culto della santa è tuttavia attestato da documenti (Codice di Costanza d'Altavilla depositato presso la Biblioteca Regionale di Palermo e antica tavola lignea che la rappresenta in veste di monaca basiliana ed oggi custodita presso il Museo Diocesano di Palermo) a partire dal 1196 ed era diffuso già nel XIII secolo (antichissimo altare a lei dedicato nella vecchia cattedrale rogeriana). Essendo infatti la Santa palermitana la sua memoria nel 1600 lasciava qualche residuo nelle litanie (si narra infatti che durante una delle processioni che invocavano i vari santi per liberare la città dal contagio, due diaconi pronunciassero il nome di Santa Rosalia contemporaneamente, segno che fece riaffiorare l'interesse in città per il suo culto "sopito"). La riscoperta del suo corpo glorioso sul Monte Pellegrino incastonato in un involucro di roccia cristallina ne sancì il definitivo e popolare patrocinio, ratificato a Roma sotto il pontificato di Urbano VIII Barberini.

Il culto è particolarmente vivo a Palermo, dove ogni anno, il 14 e il 15 luglio, si ripete il tradizionale "Festino" che culmina nello spettacolo pirotecnico del 14 notte e dalla processione in suo onore del 15. Il 4 settembre invece la tradizionale acchianata ("salita" in lingua siciliana) a Monte Pellegrino conduce i devoti al Santuario in circa un'ora di scalata a piedi.

Nella provincia di Palermo il culto è presente a Campofelice di Roccella, in quanto importato dal principe palermitano fondatore dell'abitato attuale nel 1699, mentre in altri centri delle Madonie se ne trovano invece solo scarse tracce. A Bisacquino, feudo dell'arcivescovo di Monreale il culto deriva da una reliquia della santa donata nel 1626 dall'arcivescovo di Palermo.

In Sicilia il culto è attestato inoltre a Bivona e a Santo Stefano Quisquina, dove secondo la tradizione la santa visse per qualche tempo in eremitaggio e dove fu probabilmente introdotto dai Chiaramonte, signori feudali delle due località nella seconda metà del XIV secolo. A Bivona le prime notizie documentate della chiesa e della confraternita di Santa Rosalia risalgono al 1494. La santa era particolarmente invocata, insieme a San Rocco contro la peste: durante le epidemie del 1575 e del 1624 i bambini battezzati con i nomi dei due santi furono la quasi totalità dei nati, come risulta documentato nei registri di battesimo.

Santa Rosalia è patrona anche di Santa Margherita Belice. Alessandro I Filangeri, signore di Santa Margherita, fece costruire la chiesa madre nella seconda metà del XVII secolo, dedicandola alla vergine Rosalia. Negli ultimi anni viene portato in processione, il 4 settembre, un busto della santa in argento con reliquiario, appartenente alla chiesa madre.


Il culto a Bivona

« V.R. di grazia mi scriva alcuna cosa a ciò si accendano di più alla divozione di questa Santa
li cittadini nostri; alli quali viene scritto che nel tumolo dove si trovò la santa vi era scritto Rosalia Bivonesa »
   
(Lettera di Padre Lanfranchi, rettore del Collegio dei Gesuiti di Bivona, in seguito al rinvenimento delle reliquie della santa sul Monte Pellegrino, 1624)

Il culto più antico di cui si abbia traccia risale al 1375 (o addirittura per alcune fonti al 1348 o 1245, data probabilmente erronea).[senza fonte] In quel periodo in tutta la Sicilia - come in molti altri paesi europei - era scoppiata una grave pestilenza. Secondo tale culto santa Rosalia apparve ad una vergine di Bivona (o ad un uomo o a dei giurati) sopra un sasso, assicurando che se essi avessero costruito una chiesa in suo onore, proprio in quello stesso punto, la peste sarebbe miracolosamente cessata.

Secondo la tradizione, tuttavia, non si diede alcun credito all'evento e la peste continuava a mietere vittime. Fu solamente dopo la seconda apparizione, quella del 28 luglio 1246 (o 1349 o 1376), che la chiesa venne edificata. A Bivona la peste cessò non appena iniziarono i lavori per la costruzione dell'edificio sacro.

Ma c'è anche un'altra tradizione: quella che ha inizio nel 1648, in seguito alle rivelazioni (e alle visioni) di suor Maria Roccaforte, bivonese, nata nel 1597 e morta nel 1648, raccolte dal gesuita Francesco Sparacino[6]. La suora raccontò che Santa Rosalia in persona le narrò la propria vita, arricchita di particolari "fantasiosi": per esempio, narrò che Rosalia, guardandosi allo specchio, vedeva il volto sofferente di Gesù Cristo. Secondo quest'ultima tradizione, la santa, a vent'anni, nel 1149, dopo aver trascorso sette anni di eremitaggio nella grotta della Quisquina, essendo stata scoperta da alcuni abitanti del posto, si trasferì a Bivona, poiché essa faceva parte dei possedimenti paterni (Sinibaldi domini Quisquinae et Rosarum, signore della Quisquina e del Monte delle Rose, il monte che sovrasta Bivona). Rosalia, "signora della Terra di Bivona", visse in paese per cinque anni presso una grotta inserita all'interno di un bosco di querce, attraversato dal fiume Alba, lo stesso che tuttora trascorre nel sottosuolo, davanti la Chiesa di Santa Rosalia. Ma oggi di quel bosco è rimasto solo un ceppo della quercia dove la Santa era solita fermarsi per pregare e trovare rifugio: questo segno è visibile attraverso un'apertura con vetro posta vicino l'ingresso della Chiesa. In seguito venne trasportata, nuovamente dall'angelo, sul monte Pellegrino, a Palermo.

Il culto crebbe negli anni, e nella successiva ondata di peste del 1575-1576 la santa venne invocata nuovamente, e la quasi totalità dei nati venne battezzata col suo nome. Il 4 settembre 1624, pochi giorni dopo il ritrovamento della grotta della Quisquina, santa Rosalia fu proclamata patrona di Bivona. E nel 1909 così scrisse il bivonese Giovan Battista Sedita:
    « Che che se ne dica dei suoi natali a Palermo, della famiglia sua essere dei Sinibaldi da Palermo, pure Essa è gloria bivonese, che vale solamente a sorpassare ogni altro pregio di Bivona. Difatti Essa esplicò la sua vita d'anacoreta nelle montagne di Bivona, e più specialmente su quello della Quisquina allora appartenente a Bivona [...] »


Il fercolo o vara di Bivona
 Nel 1601 il sacerdote bivonese Ruggero Valenti, all'età di 80 anni, scolpì l'artistico fercolo che ancora oggi il 4 settembre viene portato in processione[7] [8] [9]. La "Vara" di Santa Rosalia, conservata nell'omonima Chiesa di Bivona, è un capolavoro di arte tardomanierista e di scultura lignea siciliana del '600.

Il Culto a Centuripe
Santa Rosalia è anche patrona di Centuripe (Enna) dove, secondo quanto scrive lo storico locale Ansaldi, il culto venne introdotto dai padri Agostiniani riformati della congregazione centuripina, che nel 1681 richiesero una reliquia della santa palermitana ed ottenutala la cominciarono ad esporre alla venerazione dei fedeli. Ben presto nel popolo si accese una fervente devozione verso la santa che, dopo aver fatto scolpire un simulacro, la scelse come sua patrona e protettrice. In realtà la devozione del popolo centuripino nei confronti della vergine palermitana precede l'arrivo delle reliquie in città. Dagli archivi parrocchiali infatti è recentemente emerso che tutte le bambine nate nel 1625,l'anno successivo al miracolo della peste a Palermo,furono battezzate col nome di Rosalia. Inizialmente la festa di santa Rosalia veniva celebrata il martedì di pasqua, oggi invece la santa patrona è onorata solennemente il 16 settembre di ogni anno. 

Il Culto a Pegli
Santa Rosalia è anche patrona di Pegli (Genova), dove dal 1656, alcune reliquie della Santa furono portate direttamente da Palermo per contrastare l'epidemia di peste che stava sconvolgendo, come il resto del paese, anche quel borgo di pescatori (a Pegli si contarono 334 vittime). Il miracolo avvenne anche lì, e da allora la Santa è venerata come patrona della cittadina. Ad autorizzare il trasferimento delle reliquie, ancora oggi custodite nella chiesa Parrocchiale di S. Martino e Benedetto di Pegli, fu il Vescovo di Palermo Cardinale Giannettino Doria (1573-1642), figlio di Giovanni Andrea Doria, proprietario della Villa in Pegli ed erede del grande Ammiraglio Andrea Doria. Successivamente, sul finire del XIX secolo, la Santa è venerata con grande devozione dal pegliese Papa Benedetto XV (1854-1922). Ancora oggi, il 4 settembre la Santa viene festeggiata a Pegli con solenne processione per le vie della cittadina.

Il Festino di Santa Rosalia a Palermo

 La nascita della Festa
Nel 1624 nella città di Palermo, martoriata dalla peste la popolazione si affidava invano alle sante protettrici della città e dei quattro mandamenti cittadini: Sant'Agata, Santa Cristina, Sant'Oliva e Santa Ninfa.
Durante questa crisi, secondo la leggenda, l'allora poco nota Santa Rosalia apparve ad un saponaio di nome Vincenzo Bonello, indicando l'ubicazione delle proprie spoglie e ingiungendo che solo se i propri resti fossero stati portati in processione la peste sarebbe terminata. Nella grotta indicata dalla visione vennero trovate 27 reliquie e il giorno 15 luglio l'arcivescovo seguito da tutto il clero, dal senato palermitano e da alcuni cittadini eminenti fece una processione attraverso le strade della città con le reliquie della santa. In pochi giorni la città venne liberata dalla peste. Dal 1625 la Chiesa autorizzò il culto, anche se Rosalia venne proclamata santa soltanto il 26 gennaio 1630.

Il Rito nel passato
Nel 1625 le reliquie vennero poste all'interno di uno scrigno in argento e vetro, custodito all'interno del Palazzo Arcivescovile, e dallo stesso anno vennero portate in processione per ricordare il miracolo compiuto, inaugurando una tradizione che in più di tre secoli ha subito ben poche interruzioni.

La Processione
La prima celebrazione del 1625 fu particolarmente breve: le reliquie vennero spostate per pochi metri, dal Palazzo Arcivescovile fino alla cattedrale. Il percorso divenne sempre più lungo e complesso con i passare degli anni, fino a coinvolgere buona parte della città. Alla processione partecipano di diritto molte confraternite costituite nel corso dei secoli, la più antica e famosa è la Confraternita di Santa Rosalia dei Sacchi, costituita nel 1635 e formata da barbieri e calzolai (varberi e scarpari).

La confraternita, che prende il nome dall'abbigliamento usato durante la processione, ha il compito di trasportare l'effige della santa che durante l'anno viene conservata nella Chiesa di Casa Professa. Tutte le confraternite dovevano portare un mantello con l'effige della santa e grossi ceri in processione. In occasione della festa, sin dal XVII secolo, il Cassaro veniva addobbato con fastose architetture temporanee.

Il Carro
I quattro piccoli carri utilizzati per le prime processioni vengono sostituiti nel 1686 da un grosso carro trionfale. Il carro, metafora del trionfo della santa, diventa ben presto il centro della celebrazione, assume subito dimensioni notevoli e ed è stato più volte sostituito, nella ricerca di effetti scenografici sempre più solenni. Tra il Settecento e l'Ottocento molti famosi architetti palermitani si cimentarono nella sua progettazione.
Nel 1701 ad opera dell'architetto Paolo Amato, assunse per la prima volta la forma di vascello, idea ripresa anche in tempi moderni. Durante il periodo borbonico, fino al 1860 si mantenne a lungo il carro settecentesco, che mostrava l'opulenza della corte. In occasione dell'unificazione dell'Italia venne creato un nuovo carro, una grande vasca ornata da puttini. Nel 1896, su ispirazione di Giuseppe Pitrè, venne costruito un carro di dimensioni tali da non potere passare attraverso le strade del centro, ma dalle vie più esterne della città. Nel 1924, in occasione del terzo centenario del ritrovamento delle reliquie, venne costruito un carro fisso con una torre centrale alta 25 metri.

Il Rito nel presente
Ancora adesso il "festino" è una grande festa popolare che richiama centinaia di migliaia di fedeli, curiosi e turisti[4], e che consiste in spettacoli, mostre e concerti che iniziano i primi giorni di luglio e si concludono con le celebrazioni religiose del 15 luglio. Ogni anno viene sviluppato un tema differente, mantenendo però di base la storia del miracolo della vittoria sulla peste.

La Processione
La notte del 14 luglio la festa giunge all'apice, con una solenne processione dal Palazzo dei Normanni, lungo l'antico asse viario del Cassaro fino al mare, passando attraverso Porta Felice, secondo un itinerario ideale dalla morte (la peste) alla vita (la luce dei fuochi d'artificio in riva al mare).
La processione, composta da un carro trionfale con la statua della santa, trainato da buoi, e da carri allegorici, si ferma davanti alla Cattedrale, ai quattro canti (momento in cui, tradizionalmente, il sindaco in carica depone dei fiori ai piedi della statua della Santa gridando "Viva Palermo e Santa Rosalia!") e alla Marina, dove ha luogo un grande spettacolo pirotecnico (10.000 tubi di lancio nel 2005)[5] accompagnato da musica sinfonica eseguita dal vivo.

Accompagnano la processione canti di devozione in rima:

    "Uno. Nutti e jornu farìa sta via!
    Tutti. Viva Santa Rusulia!
    U. Ogni passu e ogni via!
    T. Viva Santa Rusulia!
    U. Ca ni scanza di morti ria!
    T. Viva Santa Rusulia!
    U. Ca n'assisti a l'agunia!
    T. Viva Santa Rusulia!
    U. Virginedda gluriusa e pia
    T. Viva Santa Rusulia!”

ed ogni tanto il grido “E chi semu muti? Viva viva Santa Rusulia”.

Il Carro
Nel 1974 (progettato e realizzato dall’arch. Rodo Santoro) viene costruito un carro di ispirazione settecentesca, a forma di vascello, che raggiunge i dieci metri d'altezza e i nove metri di lunghezza ed è trasportato da buoi. Da questo momento il carro in sé diviene un piccolo palcoscenico coreografico.
Nel 2006 viene costruito un nuovo carro, per il quale si abbandonano le forme barocche in favore di una più semplice forma di nave da pesca con una vela interamente intarsiata di cristalli Swarowsky realizzata da Jannis Kounellis[6]. Nel 2008 simbolo del carro trionfale divengono le rose rosse.

Lo Spettacolo
Dalla fine degli anni novanta lo spettacolo, un tempo una mera tradizione popolare, sotto la direzione di Pino Caruso è divenuto una rappresentazione teatrale a tutti gli effetti, con giochi di luce spettacolari e danze acrobatiche, che rappresentano gli ultimi giorni della peste a Palermo.

Lo spettacolo ha carattere itinerante, infatti dopo la rappresentazione cittadina viene rappresentato in vari parti del mondo, in modo da recuperare parte delle spese affrontate per l'intero festino.

Dal 1995 al 1997 la Festa di Santa Rosalia a Palermo su indicazioni di Pino Caruso è stata progettata, e curata da Studio Festi, su commissione di Leoluca Orlando.

Tradizioni culinarie
Durante le celebrazioni si consumano cibi che fanno parte della tradizione popolare palermitana: la Pasta con le sarde (la pasta chî sardi), i babbaluci (lumache bollite con aglio e prezzemolo), lo sfincione ( 'u sfinciuni), il polpo bollito ( 'u purpu), Calia e simenza ( 'u scacciu), la pannocchia bollita (pullanca) e l'Anguria (detto 'u muluni).

Bibliografia
  • Sara Cabibbo, Santa Rosalia tra cielo e terra. Storia, rituali, linguaggi di un culto barocco , Palermo, Sellerio, 2004.
  • Umberto Santino, I giorni della peste. Il festino di santa Rosalia tra mito e spettacolo , Palermo, Edizioni Di Girolamo, 2006.
  • Rodo Santoro, Il Festino di santa Rosalia , Palermo, Flaccovio, 2003.


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